OPERAZIONE DELLA DIA A SPERLONGA, SEQUESTRATA VILLA DA OLTRE 4 MILIONI DI EURO

Nuovo sequestro di beni nei confronti del 57enne avvocano Cipriano Chianese, imprenditore attivo nel settore dello smaltimento dei rifiuti in Campania. Gli agenti del centro operativo di Napoli con i colleghi della Dia di Padova hanno infatti dato seguito a un’ordinanza emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – sezione misure di prevenzione che ha portato di un capannone industriale, 4 supercar, una villa faraonica di 21 stanze a Sperlonga, con piscina per la quale era stata avanzata una falsa richiesta di condono edilizio cercando di farla passare per una costruzione precedente agli anni ’80, quindi sanabile. La Dia ha dimostrato anche con rulievi arerofotogrammetrici e testimonianze di chi ha eseguito i lavori di ricostruzione e amplimento che le modifiche alla piccola villa originaria erano invece intervenute dopo gli anni ’90 e che hanno fatto lievitare il valore della villa dai 160mila euro originari a quattro milioni di euro. Sequestrata anche una villa alla figlia di Chianese dotata di ogni confort tra cui bagno turco, sauna e complesso aeroterapico. Chianese nel 1993 e nel 2007 aveva già ricevuto due ordinanze di custodia cautelare per vicende connesse al traffico dei rifiuti e per la presunta appartenenza al clan dei casalesi. E’ attualmente a giudizio per l’accusa di associazione mafiosa con i casalesi. Ma c’è anche un altro destinatario del provvedimento di sequestro ed è Franco Caccaro, 49 anni, padovano, risultato intestatario di beni e società di fatto riconducibili a Chianese. Le indagini avrebbero evidenziato il ruolo di Caccaro, imprenditore del padovano attivo nel settore delle macchine per la triturazione dei rifiuti con la sua societa Tpa, tecnologia per l’ambiente srl, che improvvisamente, senza ragione economica ha sviluppato verso la metà degli anni 2000 la sua attivita con ingresso di ingenti capitali, tra cui tre milioni di euro proveninenti da due assegni della Resit di Chianese che Caccaro ha giustificato con crediti personali che vantava nei confronti dell’imprenditore casertano senza poter giustificare date e provvista del presunto prestito. Con ciò la società è divenuta leader delle macchine per la triturazione dei rifiuti con oltre 200 dipendenti e sedi operative a New York, vincono a Wall Street, in Turchia, Australia, Francia e Brasile. In base alle dichiarazioni di diversi pentiti era già emerso che Chianese stesse cercando di creare società operanti nel settore dei rifiuti nel nord dell’Italia e Caccaro non sia riuscito a giustificare il flusso di denaro che gli ha consentito alcuni aumenti di capitali delle sue società e l’estromissione dei vecchi soci proprio per importi equivalenti a quelli forniti con gli assegni di Chianese. E fu priprio Caccaro, tramite le sue società, a fare un offerta all’amministratore giudiziario dei beni di Chianese, sotto sequestro e poi confiscati per l’acquisto di due ferrari, una 360 spider e una Enzo Ferrari, per circa un milione di euro. Secondo gli inquirenti il tentativo di acquisto delle due supercar aveva lo scopo di farle riavere a Chianese. A Caccaro è stato inoltre sequestrato un grande capannone industriale situato a Santa Giustina in Colle, nel padovano, intestato alla Tpa. La Dia di Napoli e il tribunale di Santa Maria Capua Vetere si erano già interessati all’avvocato Chianese, già titolare della Resit, società che gestiva discariche nel territorio campano. Nel 2008 era già stato sottoposto alla sorveglianza speciale ed era stata disposta la confisca di una parte del suo ingente patrimonio. Attualmente agli arresti domicialiri, in quanto colpito da un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le indagine preliminari presso il Tribunale di Napoli nel dicembre 2009 per avere posto in essere delle presunte truffe ai danni del commissariato di governo per l’emergenza rifiuti in Campania attraverso plurime minacce realizzate da presunti appartebnenti al clan dei casalesi tra il 2002 e il 2003, tanto da essere definito dal gip ”protagonista indiscusso delle azioni truffaldine, quanto di quelle estorsive contestate”. Diversi collaboratori di giustizia hanno definito Chianese ”imprenditore che asserviva le proprie discariche al programma criminoso consentendo la concreta e positiva realizzazione di ingenti benefici di ordine economico: ”in altri termini risulta dimostrata un cointeressenza del preposto e del clan dei casalesi nell’attivita’ di gestione dei rifiuto nel senso priprio del termine di partecipazione che di suddivisione degli utili”. Le indagini avrebbero consentito di delineare ”un allarmante profilo personale di Chianese”, spiegano alla Dia, quale protagonista assoluto della penetrazione camorristica nel settore dei rifiuti di un vero e proprio ”inventore” del sistema delle ecomafie in Campania. Spiegano ancora gli investigatori che ”la sequela di comportamenti criminosa ricostruita documenta come Chianese abbia saputo adattarsi al mutamento determinato dall’istaurazione della gestione commissariale dei rifiuti allacciando con il sub commissario ai rifiuti Facchi, un rapporto ora collusivo ora intimidatorio, dal quale ha tratto rilevantissimi pe’rofitti illeciti”. Secondo i collaboratori di giutizia Chianese dal traffico di rifiuti avrebbe guadagnato negli anni ’90 fino a 700 milioni di lire al mese.