Fin dalle prime ore del giorno la Polizia di Stato ha dato esecuzione a due decreti di sequestro anticipato di tutti i beni di proprietà riconducibili a due pregiudicati residenti in città ma di origine napoletane, luogo in cui sono anche proprietari di immobili e che non hanno mai lasciato completamente, essendo altresì collegati a importanti famiglie malavitose partenopee. Il provvedimento preventivo è stato adottato sulla base di proposte di applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniali della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, depositate dala questura Ufficio alla fine del mese scorso, con richiesta di cauzione nonché di sequestro e confisca di tutti beni intestati ai soggetti su indicati che, peraltro, sono legati da vincoli di parentela , poiché hanno contratto matrimonio con due sorelle. Entrambi nel 2009 sono stati denunciati per falsità materiale è falsità in scrittura privata e truffa, poichè nella loro qualità di amministratori di una società di comunicazioni intestavano fittiziamente a persone ignare centinaia di sim card false che poi rivendevano, con modalità illecite, ad altri utenti. Il loro operato è stato infatti “attenzionato” dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli dalle cui indagini è scaturito, il cinque ottobre scorso, per il primo l’arresto e per il secondo la denuncia a piede libero, in esecuzione di un ordinanza del Tribunale di Napoli, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari. L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe ed all’impiego di denaro di provenienza illecita. Non di poco conto è la circostanza che tra i sei arrestati di questa operazione, che è avvenuta contestualmente tra Napoli, Latina, Bergamo e Lugano, vi sia il figlio, Vincenzo, del potente boss dell’omonimo Clan dei “Di Lauro”. Le loro società si occupavano di vendita di traffico telefonico nazionale ed internazionale, in particolare emettevano numeri verdi utili ad effettuare telefonate in Italia ed all’estero. La truffa consisteva nel siglare accordi commerciali con le maggiori società di telecomunicazioni per l’acquisto traffico telefonico mediante l’utilizzo di carte telefoniche prepagate. Purtroppo però la copertura telefonica garantita dai grandi gestori telefonici, nonostante le promesse, non veniva mai saldata. La scoperta dei responsabili della truffa è stata molto difficoltosa infatti ci sono volute intercettazioni ambientali, pedinamenti,riscontri, in quanto i contratti e i rapporti commerciali venivano stretti attraverso società di comodo prossime alla liquidazione. Dalle suddette indagini viene dimostrato che i due cognati risultano molto vicini a tale nota famiglia camorristica , inoltre l’attiva partecipazione soprattutto del Cardone alla realizzazione degli scopi del sodalizio per ottenere il controllo sui traffici illeciti esercitati nel quartiere di Secondigliano di Napoli e con cointeressenze in altre parti d’Italia . I giudici hanno rilevato che tutte le vicende processuali su richiamate e lo stretto legame”operativo” esistente con organizzazioni di stampo mafioso indicano la specifica pericolosità sociale, la professionalità e abitualità delle condotte criminale dei proposti. Il Tribunale ha quindi ordinato il SEQUESTRO ANTICIPATO di beni mobili immobili situati a Napoli e provincia e, in Latina, il cui valore complessivo si aggira sui 10 milioni di euro.
BENI SEQUESTRATI A CARDONE DOMENICO E FAMIGLIA:
17 appartamenti ubicati a Latina e Napoli ;
nr 10 negozi siti in Latina e Napoli ;
nr 1 autorimessa ubicata in Latina ;
nr 2 autovetture
quote societarie
conti correnti bancari, depositi di risparmio, certificati di deposito, investimenti assicurativi, polizze previdenziali.
Il Collegio Penale che ha decretato il sequestro anticipato ha altresì tenuto conto,come evidenziato nelle attività di accertamento svolte dalla magistratura napoletana,della evidente sproporzione tra la disponibilità dei beni diretta o indiretta ed i redditi ufficiali del CARDONE e del DE ROSA e dei rispettivi nuclei familiari, rilevando la piena sussistenza di indizi indicativi del fatto che dette risorse finanziarie rappresentino il reimpiego di proventi di attività illecite escludendone quindi la legittima provenienza.
Il Collegio penale che ha disposto il sequestro ha fissato la discussione in camera di consiglio della misura della sorveglianza speciale per i primi giorni del mese di giugno.