

La camorra non perdona se fai uno sgarro ma diciassette anni dopo l’omicidio di Nicola Gatti, la giustizia si prende la sua rivincita risolvendo un intrigo su cui per anni in troppi avevano taciuto. Ieri mattina alle cinque, infatti, a Formia e Napoli, per l’accusa di omicidio aggravato, i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Napoli hanno fatto scattare le manette ai polsi di Giuseppe Roberti, di 60 anni, detto “Peppe capavacante”, Salvatore Roberti, di 38 anni (residente a Formia da diversi anni) e Salvatore Roberti, di 51 anni, rispettivamente marito, figlio e cognato di Erminia Giuliano, molto più conosciuta con il nome di Celeste, sorella di Luigi Giuliano, già capo dell’omonimo clan di Forcella ma lei stessa ritenuta una vera e propria lady camorra. A coordinare le indagini la Direzione distrettuale Antimafia di Napoli diretta dal procuratore aggiunto Allessandro Pennasilico che ha dichiarato: «Il muro di omertà e complicità intrafamiliare è stato rotto». L’indagine sull’omicidio Gatti si riavvia nell’aprile del 2009, attraverso alcuni collaboratori di giustizia, intercettazioni telefoniche, ambientali e rivalutazioni, ancora, di intercettazioni eseguite nel ‘93 immediatamente dopo l’omicidio compiuto il 30 agosto dello stesso anno. Nicola Gatti, all’epoca, è un ragazzo di 18 anni, occhi verdi, piacevole e da qualche mese ha ricevuto il compito da parte di Diego Vastarella di vegliare sulla sua ragazza e sulla di lei sorella, entrambe minorenni, figlie di Erminia Giuliano e Giuseppe Roberti: Gemma e Milena. Nicola viene trucidato su un motoscafo e gettato a largo, legato e zavorrato, nel Golfo di Napoli il 30 agosto del 1993. L’intenzione dei tre esponenti del clan era quella di punirlo per aver avuto “attenzioni” per le due ragazze. La convinzione dei genitori, come emergerà dalle conversazioni intercettate, era quella che il giovane potesse iniziare le ragazze a esperienze amorose o di droga. Pare che Nicola fosse stato “avvertito” dal clan più volte, tanto da lasciare anche la propria abitazione per un breve periodo. Il 30 agosto 1993, però, uscì da casa per non farvi più ritorno e il 2 settembre la madre si presentò a segnalarne la scomparsa verbalmente ai carabinieri, denuncia che divenne formale solo a dicembre. Secondo alcuni collaboratori, però, l’istigatrice del delitto sarebbe stata, invece, Gemma Roberti, coinvolta nel giugno del 2007 nell’operazione dei carabinieri denominata Forcella Formiana, processo in corso per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Questa mattina, a Napoli, gli interrogatori dei tre arrestati.
Spunta anche il nome di un personaggio VIP nell’indagine sull’omicidio Gatti. A fare il nome di un personaggio pubblico, che è comunque estraneo all’inchiesta, è stato il boss pentito Luigi Giuliano. Il camorrista ha raccontato agli investigatori che suo cognato Giuseppe Roberti, alla presenza dell’artista campano, gli chiese di aiutarlo a uccidere Gatti, reo di aver avuto una relazione con le figlie dello stesso Roberti e di Erminia Celeste Giuliano. Con la star l’ex capoclan collaborava infatti nella scrittura di alcuni versi diventati poi famose. A supporto della sua affermazione, il capoclan pentito ha dichiarato a verbale: «Potete citare come testimoni Massimo Capasso (un diacono, ndr) e anche la persona di fama che, artisticamente parlando, è nato in quell’ufficio».
IL RACCONTO DEI PENTITI
«Due ancore legate al corpo e buttato in mare»
Per un pentito l’istigatrice fu Gemma Roberti arrestata nel 2007 nell’operazione Forcella Formiana
Le fasi dell’omicidio Gatti sono raccapriccianti e agli atti dell’ordinanza emessa dal gip Marina Cimma su richiesta del pm Alfonso D’Avino. Racconta Guglielmo Giuliano: «Nicola frequentava la casa di mia sorella Celeste. Era una sorta di factotum della famiglia: accompagnava mia sorella, il marito e anche le figlie. Si fidanzò con Gemma, la figlia di Celeste e stava perciò sempre con la famiglia di mia sorella. Mio cognato Peppe a un certo punto mi chiese di aiutarlo a ucciderlo e a farlo sparire. Chiesi a Peppe – aggiunge – il motivo di questa decisione e mi raccontò che Nicola tirava eroina e l’aveva fatta usare anche a Gemma e che una notte a Ischia l’avevano scoperto a letto insieme all’altra figlia, Milena. Dissi a Peppe che non avevo queste capacità e pertanto non gli diedi alcun aiuto. Quattro cinque giorni dopo la richiesta, Peppe mi disse che aveva portato a termine il lavoro con Nicola e raccontò anche i particolari. Lui, il fratello Salvatore e un terzo che può essere il figlio di Celeste ma che Peppe non mi ha detto, portarono il Nicola su un motoscafo a mare per un giro. Il ragazzo fu colpito primo alla testa con un attrezzo da marinaio, un bastone che si trova a bordo del motoscafo. Tentò di reagire e Salvatore tentò di strangolarlo mentre Peppe prese un’ancora che si trovava a bordo e gliela diede in testa. Nicola fu buttato in acqua ma era ancora vivo e si aggrappò al motore. Fu ancora colpito con l’ancora in testa e rimase morto attaccato al motore. Infine, gli vennero legate due ancore intorno al corpo e fu buttato in mare». Secondo un altro collaboratore di giustizia, Raffaele Garofalo, fu, invece, proprio Gemma Roberti a volere la morte del ragazzo: «Un giorno venne Gemma, la quale mi disse che avrei dovuto farle un piacere; mi raccontò che Nicola aveva approfittato di lei e che le aveva fatto sniffare eroina. Ne aveva approfittato sessualmente, anche se ritengo che lei fosse consenziente. Gemma mi disse che di lì a poco sarebbe uscito dal carcere Diego Vastarella e temeva che questi venisse a sapere tutto. Mi disse dunque: «me lo fai un piacere? Me lo vuoi uccidere?», raccomandandomi comunque di non parlarne con i suoi zii. Io risposi di no, dicendo che era impensabile una cosa del genere, e poi le dissi che per usare un’arma avrei dovuto chiedere il permesso allo zio, cioé a Raffaele Giuliano. E poi non me la sentivo di fare una cosa del genere».