In anteprima mondiale il film documentario “Dove vanno le nuvole”

NOTE DI REGIA  – Dove Vanno Le Nuvole? Questa domanda campeggia sul muro di una abitazione nel centro di Riace ed è la prima cosa che ho letto appena arrivato li per incontrare il sindaco e fare i primi sopralluoghi. O forse è la seconda cosa che ho letto, perché prima, sul cartello di ingresso del paese campeggiava la scritta “Città dell’Accoglienza”.

L’idea del documentario era ancora confusa, sapevo perfettamente cosa non volevo fare ma ancora non capivo bene cosa fare e come procedere. Troppo complesso il tema, molti i rischi di perdersi o entrare nei campi minati del pietismo o del buonismo. E allora? Allora quel murales in cui le nuvole portavano ognuna il nome di una nazione, ponendomi una domanda in realtà mi dava una risposta: Dove Vanno Le Nuvole. Senza punto interrogativo.


Sarà questa la strada, è questo il destino dei popoli, lo è sempre stato. E proprio nell’incontro e nello scontro si creano le nuove stagioni…

Si possono seguire delle storie così come si seguono le nuvole muoversi e confondersi?

La sfida nasce da qui, perché solo riuscendo a rappresentare la complessità in movimento, nelle diverse aree geografiche italiane, si può riuscire a tradurre in un linguaggio cinematografico le storie delle persone e delle organizzazioni private o pubbliche che sono delle avanguardie nel difficile campo dell’accoglienza dei rifugiati.

Proseguendo nel lavoro, che innanzitutto è stato un percorso di conoscenza e consapevolezza, ho capito che avrei dovuto concentrarmi sulle storie delle persone che lavorano nell’accoglienza, gli uomini e le donne che hanno trasformato una utopia in realtà giorno dopo giorno, plasmandola e plasmandosi, con il buon senso e la visione di chi non si ferma di fronte alle definizioni o alle leggi vigenti. È attraverso i loro occhi e la loro vita che sarei riuscito a dare valore anche alle storie dei migranti, alla loro speranza o illusione, al loro dolore e alla sfida di trovare un futuro diverso.

Quando soffia il vento del cambiamento c’è chi costruisce muri e chi mulini a vento recita un antico proverbio cinese e questo mi sembra urgente in tempi di costruzione di muri e barriere, di grida e proteste; provare a raccontare questo mondo alla rovescia in cui si erigono anche i mulini a vento, in cui ci si rimbocca le maniche e si prova a costruire con quello che si ha.

Viaggiamo dall’estremo sud all’estremo nord d’Italia, mentre l’eco della cronaca non ci abbandona ed imperversa, come un controcanto. La storia del sindaco di Riace e della sua straordinaria realtà sociale si alterna a quella di Antonio, il professore di Storia e Filosofia di Treviso che è stato il primo a decidere insieme alla propria famiglia di accogliere 6 rifugiati in casa e poi alla storia di Maurizio che ha ideato le Case a Colori di Padova e poi ancora ai laboratori teatrali dei Cantieri Meticci di Bologna. Le nuvole passano, si incontrano, le storie si intrecciano.

Come si può rappresentare tutto questo?

Tutto parte dall’incontro, dalla fiducia che ci viene accordata dai protagonisti che abbiamo individuato dopo giorni e notti di conoscenza e scambi. Il patto è questo: noi seguiremo la vostra vita, racconteremo attraverso di voi un mondo che le cronache non possono e a volte non vogliono raccontare, non ci sarà niente di scritto, concordiamo solo giorni e modalità e poi capiremo… Scelta complicata, ma forse la sola che può permetterci di conoscere davvero. E così le telecamere seguono la loro vita nella consapevolezza che le storie possono prendere percorsi imprevisti. E ovviamente lo fanno.

E noi dobbiamo snodare i fili e poi tenderli di nuovo. Proviamo ad essere “invisibili” ma chiaramente non lo siamo, per cui nessuna pretesa di oggettività, il punto di vista è chiaro. Solo un patto di onestà.

E il documentario prende la strada che non avremmo mai sospettato all’inizio ma che ora ci sembra la sola possibile: un sindaco calabrese, un imprenditore padovano, un professore trevigiano, un regista bolognese si incontrano, a volte senza saperlo nemmeno, in un percorso singolare eppure collettivo, di scelte che forse non cambiano il mondo, ma cambiano i loro mondi e quelli delle persone che accolgono.

Quattro mulini a vento in funzione mentre continuano ad erigersi muri.

 

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