Ombrelloni e bagnanti affacciati sullo splendido mare di Ponza. Alle spalle di un gran cartello a firma del Comune di Ponza. Un cartello d’allarme: campeggiano parole di allerta come “divieto di accesso balneazione e approdo” e “pericolo frane”.
Un segnale di pericolo ignorato. Nella zona della vecchia miniera in località Cala dell’acqua, come si evince dalla fotografia a corredo dell’articolo, scattata oggi, 18 agosto, ma non solo. Quello dei divieti ignorati sarebbe un fenomeno se non dilagante quantomeno molto diffuso. In barba agli annosi dischi rossi. Non c’è interdizione che tenga.
Ed il perché è presto detto. In seguito alla tragedia delle studentesse in gita travolte mortalmente da un costone di tufo nella vicina Ventotene – era il 2010 -, i perimetri delle isole pontine andarono incontro a ulteriori vincoli. Vincoli di sicurezza stringenti: per Ponza, stando al Piano di Assetto Idrogeologico sarebbero off limits circa il 97% delle coste. Troppi, come dicono da anni dall’isola.
Lo ha sottolineato anche di recente l’amministrazione Ferraiuolo, secondo cui ci sono sì “vari elementi di pericolosità”, ma “non in toto”, non certo per la percentuale odierna, tale da soffocare l’intero territorio. E che da tempo si sta cercando di abbattere bussando alla Regione. Pure perché, a detta del Comune, i punti critici sono “precisamente individuabili”.
Intanto, a quanto pare bagnanti e ombrelloni disseminati in lungo e in largo in zone teoricamente rosse continuano ad essere la norma. Sarà per i paletti troppo rigidi imposti a suo tempo, per la conoscenza del territorio da parte di isolani e turisti, per una cornice capace di stregare, oppure soltanto per una buona dose di leggerezza mista a voglia matta di sole, ma è come se i cartelli di divieto non ci fossero. Nemmeno le frane dei mesi passati sembrano spaventare. Tutti al mare.