“Villaggio del Parco”, tutto nuovamente bloccato nell’attesa dei giudici europei

Tutto bloccato. Per l’ennesima volta. Anziché pronunciarsi sul “Villaggio del Parco” di Bella Farnia, a Sabaudia, e soprattutto sulla confisca dei 285 villini, una residenza per anziani ritenuta dagli inquirenti trasformata in lottizzazione abusiva, la Corte di Cassazione ha sospeso il procedimento nell’attesa di un nuovo pronunciamento dei giudici europei.

Quegli immobili sono stati sequestrati nel marzo 2006 dai forestali del Nipaf, nell’ambito di un’inchiesta del pm Giuseppe Miliano, ma undici anni non sono bastati a mettere un punto fermo nell’intera vicenda. Accusati di violazioni alle norme urbanistiche e abuso d’ufficio, sono finiti imputati i rappresentanti della società costruttrice “Petrarca Costruzioni”, Carmine Ciccone e la madre Carmen Lorenzi, i funzionari comunali Carlo Gurgone e Vincenzo D’Arcangelo, e l’ex sindaco Salvatore Schintu. Nel 2012 la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato per tutti l’intervenuta prescrizione, meno che per Ciccone e Lorenzi che vi avevano rinunciato e che si trovano così con una condanna a due anni di reclusione e alla confisca dei beni. Gli imputati hanno quindi fatto ricorso in Cassazione che, per via della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo Varvara contro Italia, relativa alla confisca in caso di prescrizione, ha sospeso il giudizio e chiesto l’intervento della Consulta, che nel 2015 si è pronunciata specificando però che la confisca, anche in tale caso, è comunque possibile. La Cassazione doveva così decidere, ma ha invece nuovamente congelato il processo.


Le difese, a partire dall’avvocato Luca Amedeo Melegari, difensore di Carmine Ciccone, hanno chiesto di rinviare qualsiasi decisione nell’attesa della sentenza della Grande Camera sul procedimento Hotel Promotion Bureau srl e altri contro Italia, relativo sempre alla confisca in caso di prescrizione, nello specifico per un complesso edilizio nel Comune di Golfo Aranci, confiscato dal Tribunale di Olbia con una sentenza confermata anche dalla Suprema Corte. Una vicenda talmente complessa secondo i giudici europei che hanno chiesto l’intervento della Grande Camera, previsto in casi particolarissimi, composta da 17 giudici anziché i sette che solitamente decidono sui vari procedimenti.

La difesa ha sostenuto tale richiesta specificando che la Consulta ha lasciato autonomia alla giustizia italiana, specificando però che tale autonomia sarebbe venuta meno se si fosse consolidata una giurisprudenza europea contraria alla confisca in caso di prescrizione. Sempre i difensori hanno inoltre specificato che, alla luce della posizione presa dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, Ciccone e Lorenzi intendono avvalersi di quella prescrizione a cui, prima che intervenisse in materia la Cedu, avevano rinunciato.

Discutendo infine nel merito il ricorso, le difese hanno chiesto l’accoglimento dei loro motivi e, alla luce delle motivazioni della difesa, il procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per quanto riguarda l’abuso d’ufficio.

Ma, considerando la complessità del caso e con ogni probabilità non sapendo bene cosa fare neppure i giudici italiani, tutto è stato bloccato nell’attesa che si pronunci la Grande Camera.