Quella volta che ci siamo seduti a tavola con la ‘ndrangheta

Scalea
Scalea

E’ giugno del 2012 e insieme a un cameraman e a un collega della Rai siamo in Calabria. Ci troviamo qui per un servizio promozionale su Scalea e, in particolare, sulla grande crescita del turismo russo. Reportage che, tra l’altro, La Repubblica ha proposto il 1° agosto scorso e, per onore di cronaca, apparso anche nel 2012 ma su una tv regionale locale e sulla Rai regionale. Il nostro servizio, che poi decidemmo di non realizzare, come sta riaccadendo in questi giorni avrebbe dovuto proprio rilanciare a livello nazionale quanto si stava verificando a Scalea, ovvero la presunta invasione di russi desiderosi di acquistare casa e vivere al caldo del golfo di Policastro, sulla splendida Riviera dei Cedri.

scaleaPartiamo alle 11 di sera da Roma, inizialmente avevamo previsto di restare una notte, ma invece saremo già di ritorno alle due del mattino del giorno successivo. Senza soste, di corsa e stremati all’arrivo dopo più di ventiquattro ore svegli. Perché qualcosa è andato storto e il nostro timore di restare ha vinto di gran lunga la stanchezza.


Dopo aver passato la mattinata intervistando residenti e turisti, infatti, veniamo invitati a pranzo, tra gli altri con il sindaco della città, Pasquale Basile, e il delegato al turismo. Poco prima di sederci a tavola, però, realizziamo delle interviste: sono le ultime della giornata. Con il Sindaco si parla di infrastrutture e, in particolare, di porto turistico e dell’aviosuperficie locale da trasformare a breve in un vero e proprio aeroporto.

https://youtu.be/Nem96UWiQmg

Tra le tante domande che poniamo (poi decideremo quali risposte usare o meno per realizzare il video turistico promozionale), sento che non posso andare via dalla Calabria senza averne fatta una sulla criminalità organizzata. Ovviamente siamo ospiti e, ob torto collo, non è possibile calcare troppo la mano, anzi… Il Sindaco non raccoglie e da politico navigato lascia cadere la provocazione, meglio sarebbe dire l’invito.

https://youtu.be/sYZv29wDTwM

Mangiamo in un clima di imbarazzante silenzio e conversazioni formali, fredde: tutti quelli che sono seduti al tavolo sembra non vedano l’ora di alzarsi. Tanto che a un certo punto del pranzo restiamo seduti solo noi tre, io, il collega cameraman e il collega della Rai, perché tutti i convitati sono già andati via, quasi senza salutare. Dalla cucina del ristorante arrivano sguardi e sbuffi di insofferenza verso la nostra presenza. Ricordo in questo frangente il mio collega più anziano, che anche lui si era accorto di tutta la situazione, suggerirci con la forchetta in una mano e l’altra su una bottiglia di vino: “Prendiamone un’altra, che tanto pagano loro, e andiamo subito via”.

Detto, fatto. Raggiungiamo il resort dove avremmo dovuto pernottare ma una volta lì, contrariamente alla ottima accoglienza che avevamo ricevuto in mattinata e al nome della struttura che ha ospitato anche delle selezioni nazionali di importanti concorsi di moda, ci viene consegnata la stanza forse peggiore dell’intera città: alle pareti compaiono muffa e ragnatele, la polvere è ovunque, i bagni sono decisamente sporchi. Per noi è il segnale definitivo che in paese non siamo più graditi. Decidiamo al momento per una doccia veloce e un sonnellino di al massimo un’ora. Appena svegli, un caffè doppio e una scusa, che tanto a quel punto una valeva l’altra, ripartiamo a razzo.

Sono passati poco più di tre anni da allora e venerdì scorso il Sindaco che compare in questa breve intervista, Pasquale Basile, è stato condannato in primo grado a quindici anni di reclusione dopo essere stato arrestato il 20 luglio del 2013 (un anno dopo la nostra visita) nell’ambito dell’operazione Plinius (nel maggio scorso è andata in scena l’operazione Plinius 2), un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che all’epoca portò in carcere 38 persone, tra gli altri oltre al primo cittadino anche quattro assessori, con le accuse a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, sequestro di persona, detenzione e porto di armi comuni e da guerra, estorsione, rapina, corruzione, turbativa d’asta, turbata libertà del procedimento amministrativo, concussione, falso, istigazione alla corruzione e minaccia, tutti aggravati dal metodo mafioso. Voti in cambio di concessioni e appalti alle imprese “amiche” dei clan: obiettivi un porto turistico e la gestione dei rifiuti soprattutto.

In sostanza per i magistrati, e i carabinieri che svolsero le indagini, il Sindaco era un uomo organico alla cosca Valente – Stummo. Così legato che per festeggiare la vittoria elettorale, aveva sfilato nelle strade della cittadina brindando con con il boss Piero Valente, condannato con il rito abbreviato a 10 anni di carcere nel processo d’Appello che si è concluso a Catanzaro nel marzo scorso quando il gup ha giudicato colpevoli anche gli assessori Antonio Stummo (4 anni e 8 mesi di carcere) e Franco Galiano (6 anni e 10 mesi).

E noi? Abbiamo pranzato allo stesso tavolo di un ‘ndranghetista (salvo sentenze di Appello). E lo abbiamo guardato negli occhi. Per poco in verità. Perché come gli altri se ne andò presto. Non si sedette proprio a tavola, invece, il Delegato al Turismo, assolutamente non toccato dalle indagini, e dimissionario dalla carica di Consigliere comunale e capogruppo di maggioranza dopo la tempesta sul Comune. Lui, sulla possibile presenza di criminalità a Scalea, ci rispose come nell’ultimo frammento di intervista che riportiamo sotto. Proprio prima di andarsene e saltare il pranzo.

 

https://youtu.be/vS_j3oe7Mx8